MISURA
Misura e povertà
di Aluisi Tosolini
Il documento-manifesto della Commissione Europea intitolato EUROPA 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva costituisce un ottimo esempio di come la povertà, in fin dei conti, sia ritenuta più o meno una calamità naturale contro la quale non si può fare molto. Gli obiettivi complessivi del documento sono infatti estremamente ambiziosi: entro quella data, il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro; il 3% del PIL dell’Unione Europea deve essere investito in ricerca e sviluppo; devono essere raggiunti i traguardi ‘20/20/20’ in materia di clima/energia; il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve avere una laurea o un diploma; le persone a rischio a povertà devono diminuire di 20 milioni rispetto agli attuali quasi 100 milioni. La comunicazione della Commissione Europea, delineando lo scenario per i prossimi dieci anni, fissa tra gli obiettivi di inclusività e sostenibilità il ridurre «del 25% il numero di europei che vivono al di sotto delle soglie di povertà nazionali, facendo uscire dalla povertà più di 20 milioni di persone». Prima della crisi, per ammissione della stessa Commissione, «erano a rischio di povertà 80 milioni di persone, tra cui 19 milioni di bambini. L’8% della popolazione attiva non guadagna abbastanza e vive al di sotto della soglia di povertà». L’obiettivo, dunque, è tornare agli 80 milioni del 2008, dando così per scontato che con la povertà si possa coesistere e che non sia necessario sradicarla completamente perseguendo la zero poverty (cfr. http://ec.europa.eu/italia/documents/attualita/futuro_ue/europa2020_it.pdf). La multidimensionalità della povertà contemporanea, le sue cause e il suo legame con l’esclusione sociale vengono attualmente definiti e indagati attraverso un complesso sistema di misure. Seguendo le indicazioni dei Rapporti sullo sviluppo dello United Nations Development Programme (UNDP), reperibili on line anche in traduzione italiana sul sito www.undp.it, occorre in primo luogo prendere atto che «la povertà umana è più grave della povertà di reddito: è la negazione delle scelte e delle opportunità che consentono uno standard di vita accettabile» (VIII Rapporto UNDP, 1997). Sulla povertà, sostiene l’UNDP, si possono delineare tre diversi punti di vista, tre diverse prospettive, a seconda degli elementi che costituiscono il focus della definizione.
Reddito Una persona è povera se, e solo se, il suo livello di reddito è inferiore alla soglia di povertà stabilita (che a sua volta si misura in termini di disponibilità di reddito sufficiente per comperare una certa quantità di cibo).
Bisogni umani Povertà è la deprivazione del necessario materiale per un soddisfacimento appena accettabile dei bisogni umani, incluso il cibo. Tra i bisogni: le cure sanitarie di base, l’istruzione e i servizi essenziali, l’occupazione, la partecipazione socio-politica. Tali bisogni devono essere garantiti dalla comunità. In caso contrario è facile che gli individui sprofondino nella povertà.
Capacità La povertà rappresenta l’assenza di qualche basilare capacità e quindi la perdita da parte di una persona dell’opportunità di acquisire livelli minimi di alcuni rilevanti funzionamenti quali, ad esempio, l’essere ben nutriti, l’essere adeguatamente vestiti e riparati, evitare le malattie più comuni, poter partecipare alla vita della comunità. Secondo l’UNDP questo approccio riconcilia la nozione di povertà assoluta con quella di povertà relativa, poiché la deprivazione relativa di reddito e di beni primari può condurre ad una deprivazione assoluta di capacità. Per quanto riguarda gli indicatori – i ‘metri’ con i quali si misurano i diversi tipi e livelli di povertà – la pluralità di prospettive sopra delineata si traduce in un’altrettanto significativa differenziazione degli indicatori stessi. In Italia, ad esempio, l’ISTAT (La misura della povertà assoluta, ‘Metodi e Norme’, 39, 2009) utilizza i seguenti concetti:
Soglia di povertà assoluta Rappresenta la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta. La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza.
Paniere di povertà assoluta Rappresenta l’insieme dei beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali per una determinata famiglia a conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.
Incidenza della povertà assoluta Si ottiene dal rapporto tra il numero di famiglie con spesa mensile per consumi pari o al di sotto della soglia di povertà assoluta e il totale delle famiglie residenti.
Spesa per consumi per la stima della povertà assoluta È calcolata al netto delle spese per manutenzione straordinaria delle abitazioni, dei premi pagati per assicurazioni vita e rendite vitalizie, rate di mutui e restituzione di prestiti. È inoltre comprensiva degli affitti effettivamente pagati dalle famiglie e degli affitti figurativi, stimati sulla base della valutazione da parte della famiglia stessa.
Spesa media procapite Si ottiene dividendo la spesa della famiglia per il numero totale dei componenti.
Spesa equivalente Si ottiene applicando alla spesa familiare dei coefficienti di correzione che permettono il confronto diretto tra le spese sostenute da famiglie di ampiezza diversa (coefficienti relativi alla ‘scala di equivalenza Carbonaro’). Ad esempio, nel 2008, una famiglia con un solo componente è collocata sotto la linea della povertà se ha un reddito mensile inferiore a 599 euro. Gli indici di povertà elaborati dall’UNDP (il Rapporto 2007/08, dedicato per la parte monografica ai mutamenti climatici, è disponibile integralmente in rete, in traduzione italiana, all’indirizzo http://hdr.undp.org/en/media/HDR_20072008_IT_Complete.pdf) sono più complessi, tengono conto di una pluralità di fattori e vanno confrontati con l’Indice di Sviluppo Umano (ISU – HDI), che non è definito solo con parametri legati al reddito. È del tutto evidente, comunque, che vivere con uno o due dollari medi di reddito giornaliero costituisca la soglia di povertà assoluta (soglia al di sotto della quale oggi si trova almeno un miliardo di persone).
UNDP – Indici di Povertà
IPU-1
Indice di Povertà Umana per i Paesi in via di sviluppo
Indice composito che misura le privazioni in relazione con i tre aspetti basilari considerati nell’Indice di Sviluppo Umano: una vita lunga e sana, la conoscenza e condizioni di vita dignitose. Nello specifico:
• speranza di vita inferiore a 40 anni;
• percentuale di adulti analfabeti;
• deprivazione economica complessiva in termini di percentuale di popolazione senza accesso ai servizi sanitari e all’acqua potabile e la percentuale di bambini con età inferiore ai 5 anni sotto peso.
IPU-2
Indice di Povertà Umana per i Paesi OCSE ad alto reddito selezionati
Indice composito (introdotto dall’UNDP nel 1998) che misura le privazioni in relazione con i tre aspetti basilari considerati nell’Indice di Sviluppo Umano – una vita lunga e sana, la conoscenza e condizioni di vita dignitose – e comprende anche l’esclusione sociale:
• percentuale di persone con speranza di vita inferiore a 60 anni;
• tasso di analfabetismo funzionale (inadeguata capacità di leggere e scrivere);
• percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà (50% del reddito medio disponibile);
• tasso di disoccupazione di lungo periodo (12 mesi o più).
ISG
Indice di Sviluppo di Genere
Indice composito che misura i risultati medi relativi ai tre aspetti basilari considerati nell’Indice di Sviluppo Umano – una vita lunga e sana, la conoscenza e condizioni di vita dignitose – corretto in modo da tenere conto delle disparità tra donne e uomini.
MEG
Misura dell’Empowerment di Genere
Considera le opportunità delle donne e degli uomini e riflette la disuguaglianza in tre aree fondamentali:
• partecipazione politica e il potere decisionale;
• partecipazione economica e il potere decisionale;
• potere sulle risorse economiche.
Tenendo comunque conto del fatto che, negli ultimi decenni, la ricchezza è andata sempre più concentrandosi nelle mani di pochissime persone (il quintile più ricco detiene a livello planetario oltre l’80% della ricchezza mondiale), la misura della povertà è anche sempre stima della ‘s-misurata’ ricchezza, e quindi anche della mancata redistribuzione e dell’assenza della politica come luogo di definizione delle norme e delle regole in base alle quali effettuare la redistribuzione stessa. Questa riflessione, tuttavia, non è completa se non si fa riferimento anche ad un altro significato del termine misura: essa va intesa pure come limite. E nel caso specifico come sobrietà. La miseria sarà infatti sconfitta solo quando la sobrietà e la cultura del limite saranno assunte come orizzonte di riferimento per l’esperienza umana e la valutazione della sua realizzazione e felicità. Quando la povertà-sobrietà diventerà la misura della pienezza dell’umanità. Che è tale solo se è capacità di rispettare l’alterità, e quindi il limite. Per vivere con misura.