CAOS
Il ritorno del caos
di Edgar Morin
Che cos’è l’idea di caos? Si è dimenticato come fosse un’idea genesica. In essa si vede soltanto distruzione o disorganizzazione. L’idea di caos è invece innanzitutto un’idea energetica; essa si accompagna al ribollire, al fiammeggiare, alla turbolenza. Il caos è un’idea preesistente alla distinzione, alla separazione, all’opposizione, un’idea dunque di indistinzione, di confusione fra potenza distruttrice e potenza creatrice, fra ordine e disordine, fra disintegrazione e organizzazione, fra Hybris e Dike.
Diventa allora manifesto che la cosmogenesi si effettua nel, e tramite il, caos. Caos è esattamente ciò che è inseparabile nel fenomeno bifronte tramite il quale l’Universo, contemporaneamente, si disintegra e si organizza, si disperde e si costituisce attorno a molti nuclei…
Il caos è la disintegrazione organizzatrice. È l’unità antagonistica dell’esplosione, della dispersione, dello sbriciolarsi del cosmo, e delle sue nucleazioni, delle sue organizzazioni, delle sue programmazioni. La genesi delle particelle, degli atomi, degli astri si effettua nelle, e tramite le, agitazioni, le turbolenze, i sommovimenti, gli smembramenti, le collisioni, le esplosioni. I processi di ordine e di organizzazione non si sono aperti la strada alla maniera di un topo attraverso i buchi del groviera cosmico, ma si sono costituiti nel e tramite il caos […].
Il cosmo si è costituito in un Fuoco genesico: tutto ciò che si è costituito è metamorfosi del fuoco. È nella Nube ardente che sono apparse le particelle, che si sono saldati i nuclei. È nella furia del fuoco che si sono accese le stelle e che si forgiano in esse gli atomi.
L’idea e l’immagine del fuoco eracliteo, eruttivo, rombante, distruttore, creatore, è proprio quella del caos originario da cui è sorto il logos. Ciò che a ragione ci meraviglia è questa trasformazione genesica del caos in logos: è il fatto che il fuoco originario, nel suo delirio esplosivo, possa costruire, senza ingegneri né progetti, attraverso la sua disintegrazione e le sue metamorfosi, quei miliardi di macchine a fuoco che sono i soli. Il fatto è che flussi termodinamici disordinati e irreversibili hanno come risultato regolazioni quasi cibernetiche. Il fatto è che turbolenze aleatorie, che smembrano la nube primitiva, diventano, formandosi e trasformandosi in stelle, i centri sovrani di un determinismo cosmico che, collegando i pianeti ai soli, ha assunto l’apparenza di un ordine universale e inalterabile. In una parola, il fatto è che il ribollimento si trova all’origine stessa di ogni organizzazione (organ: ribollire di ardore). Il caos è davvero originario; intendo dire che tutto ciò che è originario è partecipe di questa indistinzione, di quest’antagonismo, di questa contraddizione, di questa concordia/discordia in cui non si può dissociare ‘ciò che è in armonia da ciò che è in disaccordo’. Da questo caos sorgono l’ordine e l’organizzazione, sempre però con la compresenza complementare/antagonistica del disordine. Non basta però riconoscere il caos originario. Si deve spezzare una frontiera mentale, epistemica. Siamo pronti ad ammettere che effettivamente l’universo si è formato nel caos, perché con questa affermazione ritroviamo tutti i miti arcaici profondi dell’umanità. Ma a condizione che sia ben inteso che i tempi del caos sono passati e superati. Oggi l’universo è adulto. Ormai regna l’ordine. L’organizzazione è diventata la realtà fisica, con i suoi 1073 atomi e i suoi miliardi di miliardi di soli.
Ora bisogna arrendersi alla nuova evidenza. La Genesi non è cessata. Siamo sempre nella nube che si dilata. Siamo sempre in un universo in cui si formano galassie e soli. Siamo sempre in un universo che si disintegra e si organizza con il medesimo movimento. Siamo sempre nell’inizio di un universo che muore a partire dalla sua nascita. È questa presenza permanente e attuale del caos che si tratta di fare vedere, prendendo anzitutto in considerazione i pilastri di ciò che è ordine e organizzazione: atomi e soli.
Soli e atomi
Consideriamo i due focolai, pilastri, fondamenti dell’ordine e dell’organizzazione dell’universo: l’Atomo che regna sul microcosmo e il Sole che regna sul macrocosmo. Entrambi estendono il loro ordine a distanze assai lunghe, l’atomo nella sua sfera di attrazione degli elettroni, il sole nella sua sfera d’attrazione dei pianeti. Sono i due nuclei duri di ciò che chiamiamo il reale. D’altra parte, dal punto di vista genesico, essi sono connessi: le stelle si sono costituite a partire da atomi leggeri, e gli altri atomi si sono costituiti nelle stelle…
L’atomo è il mattone con cui si architetta l’universo organizzato, i suoi legami costituiscono i liquidi, i solidi, i cristalli; gli edifici di atomi diversi sono le molecole, a partire dalle quali si costruiscono le macromolecole e quindi, sulla nostra terra, le cellule viventi, gli organismi, le società, gli uomini.
Eppure, al livello delle particelle costitutive dell’atomo, tutto è indistinzione e confusione; la particella non ha un’identità logica, oscilla fra elemento ed evento, ordine e disordine. Se consideriamo l’universo su scala microfisica, l’universo non è più che una «poltiglia di elettroni, di protoni, di fotoni, tutti esseri dalle proprietà mal definite in perpetua interazione» (R. Thom, Modelli matematici della morfogenesi, 1985). Questa straordinaria ‘poltiglia’ subatomica onnipresente ci indica che il caos soggiace in permanenza quale tessuto interstiziale della nostra physis. L’atomo è la trasformazione in organizzazione di questo caos. In effetti un formalismo matematico coerente rende conto di quest’organizzazione. Ma soltanto di quest’organizzazione, non degli elementi che la costituiscono; questi continuano a lampeggiare su un fondo di instabilità, di indeterminazione, di disordine. L’organizzazione del sistema può essere descritta come insieme di interazioni, in cui però è indescrivibile ogni interazione presa isolatamente. Sembra inoltre che l’atomo non sia soltanto caos trasformato in organizzazione e in ordine una volta per tutte, ma che sia in genesi permanente, come se si autoproducesse e si auto-organizzasse senza posa nel gioco incessante delle sue interazioni interne.
L’atomo così non annulla, ma porta in sé e trasforma, nella sua attività interna permanente, il caos infrafisico. In questa trasformazione sorgono l’ordine, l’organizzazione, l’evoluzione, senza che si possa però eliminare il disordine.
I soli esemplificano in maniera clamorosa l’inseparabilità delle idee di caos e di cosmo… Abbiamo visto quale stupefacente genesi trasformi vortici di particelle in stelle, come un ammasso informe diventi un’orologeria di soli e di pianeti, come il fuoco si trasformi in macchine a fuoco, e ciò non soltanto una volta, ma miliardi di miliardi di volte. […]
Il nostro sole non illumina alla maniera di una lampadina. Esso schizza fuoco, fa scintille, in un’insensata autoconsumazione, in una spesa folle che nessun trattato di economia cosmica aveva previsto. Il suo nucleo è un puro caos. È una gigantesca bomba all’idrogeno permanente, è un reattore nucleare infuriato. Creato in catastrofe, acceso alla stessa temperatura della sua distruzione, esso vive in catastrofe, dato che la sua regolazione è composta dall’antagonismo di una retroazione esplosiva e di una retroazione implosiva. Presto o tardi va verso un tipo o l’altro di distruzione, l’iperconcentrazione o l’ultimo fascio di fuoco della nova o della supernova. Così, i miliardi di miliardi di soli sono nel contempo l’ordine supremo, l’organizzazione fisica ammirevole, e il caos vulcanico del nostro cosmo.
Caos, physis, cosmo
L’ordine della fisica classica non è più il tessuto dell’universo. Si è ristretto, ha subito le infiltrazioni e le corruzioni del disordine, è preso in mezzo fra due caos. Ancor di più: esso stesso figlio del caos genesico, è inserito sul caos microfisico e sul caos macrofisico. Questi due caos, presenti uno in ogni atomo e l’altro al centro di ogni sole, sono in una certa maniera presenti in ogni essere fisico; il tessuto del nostro piccolo mondo terrestre, biologico e umano, non si trova in un isolatore, esso è composto di atomi, nato nel nostro sole, nutrito dai suoi raggi.
L’antica materia fisica dunque si inaridisce e di disaggrega, mentre si produce la nuova physis, figlia del caos. Questa nuova physis emerge dai ribollimenti genesici, dalla poltiglia subatomica, dai bollenti ardori solari. Essa è un brulichio di interazioni. Il caos non è soltanto un principio genesico, è un principio generico permanente che si esprime, nella physis e nel cosmo, con la mediazione della tetralogia disordine/interazioni (incontri)/ordine/disordine. Questa tetralogia costituisce il principio immanente delle trasformazioni, e quindi delle organizzazioni e delle disorganizzazioni, che mancava alla fisica.
Così physis, cosmo, caos non possono più essere dissociati. Sono sempre compresenti gli uni in rapporto agli altri.
Cominciamo appena, e non avremo mai finito di interrogare la natura del caos, concetto che meno di ogni altro deve essere concepito come concetto chiaro e sostanziale, poiché esso porta con sé indistinzione, confusione, contraddizione. Il caos è estraneo alla nostra intelligibilità logica, obbliga le nostre nozioni antagonistiche a contorcersi l’una verso l’altra e ad allacciarsi l’una all’altra. […]
Il nuovo mondo incerto
L’universo ereditato da Keplero, Galileo, Copernico, Newton, Laplace era un universo freddo, gelato, di sfere celesti, di movimenti perpetui, d’ordine impeccabile, di misura, di equilibrio. Dobbiamo barattarlo con un universo caldo, composto da una nube ardente, da sfere di fuoco, da movimenti irreversibili, da ordine mischiato al disordine, da spesa, spreco, squilibrio. L’universo ereditato dalla scienza classica aveva un centro. Il nuovo universo è acentrico, policentrico. È più che mai uno nel senso in cui è un cosmo assai singolare e originale, ma nello stesso tempo è esploso ed è a pezzi. Quello che costituiva lo scheletro e l’architettura dell’universo diventa un insieme di arcipelaghi che vanno alla deriva in una dispersione senza struttura. Il vecchio universo era un orologio regolato perfettamente.
Il nuovo universo è una nube incerta. Il vecchio universo controllava e distillava il tempo. Il nuovo universo è trascinato dal tempo, le galassie sono prodotti, momenti di un divenire contraddittorio. Esse si formano, vacillano, si sfuggono, si scontrano, si disperdono. Il vecchio universo era reificato. Tutto ciò che esisteva era partecipe di un’essenza o di una sostanza eterna; tutto – ordine, materia – era increato e inalterabile. Il nuovo universo è dereificato. Ciò non significa soltanto che in esso tutto è divenire o trasformazione. Significa che esso è, nello stesso tempo, in ogni momento, nel parto, in genesi, in decomposizione. Il vecchio universo poneva la sua sede nei concetti chiari e distinti del Determinismo, della Legge, dell’Essere. Il nuovo universo ribalta i concetti, li travalica, li fa esplodere, obbliga i termini più contraddittori ad appoggiarsi l’uno all’altro, senza tuttavia disperdere le loro contraddizioni in un’unità mistica.
Il vecchio universo era razionale, mentre il nuovo è irrazionale? […] Il nuovo universo non è razionale, ma il vecchio lo era ancora di meno: meccanicista, determinista, privo di eventi e di innovazioni, era impossibile; era ‘intelligibile’, ma tutto ciò che accadeva in esso era completamente inintelligibile… Come non aver capito che l’ordine puro è la peggior follia che esista, quella dell’astrazione, e la peggior morte che esista, quella che non ha mai conosciuto la vita?
* Queste pagine sono tratte dal volume che sta alla base della monumentale opera di Edgar Morin Il metodo, in sei tomi, nei quali è delineata la prospettiva di un pensiero complesso in grado di concepire la relazione ordine/disordine/organizzazione. Oggi più che mai questa opera mostra tutta la sua genialità, attualità e necessità, di fronte alla sfida della complessità posta dai grandi sviluppi della scienza (scienza di sistemi complessi) e della nuova condizione umana nell’età globale. [Mauro Ceruti]
Edgar Morin, Il metodo. 1. La natura della natura, Raffaello Cortina, Milano 2001, pp. 62-68 (per gentile concessione).