CAOS

Le scienze della complessità ci hanno regalato molte prospettive da cui guardare con occhi nuovi al mondo delle organizzazioni e del management. Una delle più interessanti è quella fondata sul concetto di ‘orlo del caos’. Cos’è l’orlo del caos? È la zona che divide l’ordine dal disordine: troppo ordine significa morte per fossilizzazione, troppo disordine morte per disintegrazione.

La vita è nella zona intermedia tra ordine e disordine, e non è un caso che nel nostro pianeta sia nata nel brodo primordiale. Allo stato solido, infatti, la vita non può nascere: non c’è movimento (troppo ordine), le molecole non possono incontrarsi per dare origine a nuove combinazioni e generare materia organica da quella inorganica. La vita non può nascere nemmeno allo stato gassoso: la rarefazione è elevata, la probabilità che le molecole si incontrino è troppo bassa, il moto delle particelle elementari è caotico (troppo disordine). La vita è nata allo stato liquido. Per milioni di anni la fluidità ha consentito miliardi di combinazioni e ricombinazioni tra i diversi elementi. Prima degli scienziati lo hanno capito gli umanisti. Come diceva lo scrittore e poeta francese Paul Valéry: «Due pericoli minacciano costantemente il mondo: ordine e disordine».

Una metafora che spiega efficacemente il concetto di orlo del caos è quella dell’onda. Perché i surfisti si mettono sulla cresta dell’onda? Perché a monte dell’onda c’è grande stasi, a valle dell’onda c’è grande caos, mentre sulla cresta dell’onda c’è il punto di massima energia. Ecco cosa bisogna fare: stare sulla cresta dell’onda, non farsi travolgere a valle (nel caos dei flutti) e nemmeno rimanere a monte (nella zona di stasi e d’ordine).

Sei vuoi essere un bravo surfista, se vuoi vivere l’emozione di cavalcare le onde, prima devi prendere l’onda, ovvero devi nuotare controcorrente: è dura. E dopo che sei salito sulla cresta dell’onda, quando sei sul punto più alto, devi guardare dove ne stanno arrivando altre. Non puoi perdere tempo perché sai che ognuna, anche la più grande, prima o poi finirà. Nessuna onda è per sempre. Come nelle professioni. Come nei mercati. Come nella vita. Pànta rèi. Tutto scorre. Anche quando sei al massimo devi guardarti intorno.

Per cavalcare l’onda del cambiamento, devi imparare a ‘surfare’. Serve una buona tavola, un certo allenamento e, una volta che hai imparato, puoi affrontare onde sempre più impegnative provando, insieme al brivido della sfida, quella straordinaria sensazione che dà il superare i propri limiti. Per cavalcare l’onda del cambiamento, devi accettare la sfida di rimanere sul punto di massima energia, all’orlo del caos, tra ordine e disordine, nella zona della distruzione creatrice, nella regione dell’innovazione, nell’area della complessità della vita.

In ambito manageriale, la traduzione di una permanenza di un’organizzazione all’orlo del caos è quello che possiamo descrivere grazie a due circoli auto-rinforzanti (vedi figura 1), uno dell’innovazione, volto a creare continuamente discontinuità (nei prodotti, nei processi, nel modello di business) e uno dell’efficienza, volto a creare continuità (nei flussi produttivi, nei processi operativi, nelle relazioni di monte e di valle).

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Il primo circolo dell’innovazione (o della creazione) ha origine in seguito all’immissione all’interno dell’azienda di una certa ‘quantità’ di capacità creativa. La capacità creativa è la leva sulla quale imprenditori e manager sono chiamati ad agire. L’azione che ne consegue è la possibilità di immaginare (il futuro appartiene a chi sa immaginarlo). L’effetto dell’immaginazione è la discontinuità, ovvero la creazione di una realtà nuova attraverso un processo che l’economista austriaco eterodosso Joseph Schumpeter ha definito «distruzione creativa». L’obiettivo ultimo è quello della creazione di nuovi contesti, che a loro volta consentono di rinforzare l’azione di immaginazione di nuovi scenari, alimentando quindi il circolo dell’innovazione creativa.

Il secondo circolo dell’efficienza (o della condivisione) descrive uno stato di funzionamento dell’organizzazione a elevati livelli di produttività che si raggiunge sviluppando routine di processo che diano ripetitività e continuità alle operazioni svolte. Queste routine organizzative, che riguardano i processi operativi sia interni che esterni all’impresa, richiedono la convergenza di tutte le parti dell’organizzazione e presuppongono una grande capacità relazionale del management. L’abilità relazionale è la leva sulla quale tutti sono chiamati, quindi, ad agire. L’azione che ne consegue è la capacità di organizzare il presente con un processo continuo che consente di raggiungere l’eccellenza operativa, il cui obiettivo consiste nel favorire la condivisione per migliorare il contesto. Ciò permette di alimentare nuovamente il circolo dell’efficienza basato sulla condivisione stessa.
Il circolo dell’efficienza è finalizzato all’organizzazione del presente per ottenere elevati livelli di eccellenza. Il circolo dell’innovazione è invece finalizzato a immaginare il futuro per ottenere elevati livelli di cambiamento.

I due circoli descritti sono interconnessi rispetto agli attributi di continuità e discontinuità. Si ottiene un circolo concatenato della creazione condivisa all’orlo del caos. Il circolo dell’innovazione e il circolo dell’efficienza consentono alle organizzazioni di raggiungere l’orlo del caos, l’area della cosiddetta ‘disorganizzazione creativa’. Entrambi i circoli sono fondamentali. Il circolo dell’innovazione spinge le organizzazioni verso il disordine, mentre quello dell’efficienza le riporta verso l’ordine, permettendo loro di raggiungere quell’equilibrio dinamico che possiamo definire con l’ossimoro di ‘ordine caotico’.

Si tratta di far coesistere processi opposti, traendo dalla loro interazione dinamica l’esito desiderato nel senso del cambiamento. Si tratta di esercitare la cultura del and anziché del or: creazione e condivisione; innovazione ed efficienza, futuro e presente; discontinuità e continuità; distruzione creativa ed eccellenza operativa; orientamento imprenditoriale e orientamento manageriale; disordine e ordine. Le organizzazioni sono chiamate a immaginare il futuro e contemporaneamente a organizzare il presente, azionando rispettivamente, come prima sottolineato, la leva della capacità creativa e quella della capacità relazionale.

Da un lato, è necessario che le organizzazioni immaginino il futuro, favorendo al loro interno l’aumento della capacità creativa. In altri termini, l’orientamento sotteso è quello tipico imprenditoriale.
D’altro canto, il circolo appena descritto dell’innovazione deve essere controbilanciato dal circolo dell’efficienza che, mediante l’azionamento della leva della capacità relazionale interna (costruzione dei team) ed esterna (attivazione dei network di monte, di valle e di contesto), consente di ottenere una forte organizzazione del presente, rinforzando la condivisione finalizzata al miglioramento dell’attuale stato di cose: l’orientamento sotteso è quello manageriale.

La creazione condivisa all’orlo del caos (‘con-creazione’) è pertanto il risultato dell’equilibrio dinamico tra continuità e discontinuità, tra efficienza e innovazione, tra presente e futuro.

L’orlo del caos è la regione prima del caos. Niente spaventa più del caos, che rimane un enigma insondabile: esso è assenza, ma è anche sovrabbondanza. Sin dalle origini del pensiero, l’uomo ha identificato nel caos lo specchio delle sue paure più profonde. Esiodo lo descrive come una voragine buia e sterminata; nella mitologia norrena è detto Ginnungagap, l’abisso degli abissi; il filosofo ermetico Robert Fludd lo rappresenta come un vortice di nebbie, acque e torrenti di fuoco.

In quel magma, tuttavia, sopravvive il principio creativo. Quelle stesse cosmogonie che hanno descritto il caos in termini così minacciosi ci hanno anche detto che esso è l’origine di tutte le cose, e ci ricordano sempre che affrontare questa paura ancestrale consente di accedere a un universo di possibilità che il nostro intelletto non sa vedere. A un cosmo, ovvero a una forma di ordine, che sfugge alle coordinate della ragione. Come ricorda Carl Gustav Jung, «è nel vortice del caos che dimorano gli eterni miracoli».

Per continuare a vivere e a svilupparsi le organizzazioni non possono che confrontarsi con questo mare di opportunità e rischi che il caos rappresenta. Perché la vita è all’orlo del caos. Perché la vita è ordine caotico. Perché la vita è distruzione creativa. Perché vivere è ‘surfare’ all’orlo del caos.

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