CRAC

La questione dell’obbedienza e della disobbedienza non è da considerare in modo moralistico, né da riferire a situazioni contingenti, anche se di fatto in esse si concretizzano le opzioni e le scelte di fondo della vita. L’obbedienza e la disobbedienza esprimono gli ideali, le convinzioni, le scelte etiche di adesione o di obiezione, di rifiuto a concezioni, assetti istituzionali e politici, religioni. L’obbedienza può esprimere adesione motivata e convinta oppure adattamento, conformismo e passività e la disobbedienza può esprimere opposizione motivata e ferma, con conseguenze per la persona o la comunità in determinate situazioni, fino al pericolo della vita stessa, o può conformarsi anche come distacco, svuotata dal significato profondo della libertà, della resistenza, della responsabilità dell’opposizione.

La storia dovrebbe istruirci con il suo svolgersi continuo fra obbedienze e disobbedienze di uomini, comunità, popoli interi. Dovrebbero essere costante motivo di riflessione le immagini di masse intere di persone che marciano dipendenti da assoluti ideologici e politici disumani, portatori di atrocità e morte. Dovremmo accettare la provocazione di un interrogativo costante: perché l’essere umano è così facilmente disponibile a ‘vendere’ la propria libertà, dimensione costitutiva che proclama e desidera, a cui agogna, salvo poi, appunto, a non vivere il coraggio di gestirla assumendola, testimoniandola, nelle situazioni della storia? Perché è così propenso ad obbedire anche alle indicazioni, alle organizzazioni e agli ordini disumani? Perché tende a scusarsi attribuendo ad altri, ai superiori, la responsabilità delle proprie parole, posizioni, azioni anche quelle più violente, disumane, omicide? E, in alternativa, dove trova l’ispirazione, la forza, il coraggio, la perseveranza per opporsi, considerando le conseguenze dolorose fino alla persecuzione, all’isolamento, al carcere, alla tortura, alla morte violenta?

L’ambivalenza della storia ci consegna le due possibilità, iscritte in modo molto concreto, drammatico e oscuro, umano e luminoso, nel succedersi degli avvenimenti: tante le obiezioni di coscienza, le resistenze di ieri e di oggi; tante persone, una moltitudine, hanno dato la vita per gli ideali irrinunciabili della giustizia, della pace, della libertà, di una concreta ed effettiva solidarietà. E il dare la vita, il martirio, rappresenta appunto l’ambivalenza dell’essere umano che si esprime nel potere oppressivo e iniquo e nella dedizione fedele e coerente senza riserve.

Siamo chiamate tutte e tutti, nei diversi ambiti e nelle diverse situazioni, a favorire la formazione di coscienze informate, consapevoli, libere e responsabili. Si può obiettare in coscienza, diventare ed essere disobbedienti solo quando si vivono grandi ideali che sono contraddetti e colpiti; disobbedienti appunto perché obbedienti a questi ideali. Una esemplarità pedagogica di rilievo speciale e universale è quella vissuta da don Lorenzo Milani con i suoi alunni della scuola di Barbiana. Così nella ‘Lettera ai giudici’: «Posso solo dire ai ragazzi che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste, cioè quando sono la forza debole. Quando invece vedranno che non sono giuste, cioè quando sanzionano il sopruso del forte, essi dovranno battersi perché siano cambiate». E poi, riferendosi ai processi di Norimberga e Gerusalemme ai generali nazisti e alle responsabilità riguardo alla bomba atomica di Hiroshima, soprattutto alla difesa degli accusati che dichiarano di aver obbedito agli ordini, di essere stati esecutori, non ideatori e responsabili, così scrive don Milani: «…C’è solo un modo di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini, né davanti a Dio, che bisogna che si sentano l’unico responsabile di tutto. A questo fatto l’umanità potrà dire di aver avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e proporzionale al suo processo tecnico».

Dunque ciascuna e ciascuno responsabili. Si apre la questione del rapporto fra persone e ambiente, fra l’influsso di questo sulla formazione, sul modo di pensare ed agire. Riemerge con evidenza l’importanza della pedagogia della formazione alla libertà e responsabilità da unire costantemente per percorsi personali dentro alle relazioni, agli ambienti, alle situazioni. Una fiducia ragionevole, anche se contraddetta più di qualche volta, ma alimentata e sostenuta in altre, ci porta a considerare la possibilità per l’essere umano di liberarsi dai condizionamenti sociali, culturali e religiosi, per non cadere in una sorta di determinismo che di fatto favorisce persone e sistemi autoritari e tante altre obbedienti, passive, succubi, omogenee al pensiero dominante.

Nell’attuale situazione storica pare che il populismo, supportato dai mezzi di informazione, svolga il ruolo proprio degli autoritarismi; possono diventare ancor più facili l’ossequio superficiale, il consenso identitario acritico. Tutte le donne e tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero vivere quotidianamente l’obiezione di coscienza, la disobbedienza a tutte quelle situazioni che violano i diritti umani, che offendono la dignità delle persone. Una disobbedienza motivata dall’obbedienza ai grandi ideali di giustizia, di libertà, di pace, dei diritti umani uguali per tutte le persone, le comunità, i popoli del pianeta. Una disobbedienza che chiede resistenza, rete di relazioni, esperienze alternative, che si nutre delle esperienze che da essa nascono e per questo si rafforza riproponendole ed estendendole.

multiverso

8-9