DUE

Dante relega coloro che ingannano gli altri nei cerchi più profondi dell’inferno, quelli più vicini a Satana, da dove emana un odore nauseabondo, e questo dà la misura di come egli considerasse l’inganno – che può presentarsi sotto diverse forme (dalla semplice bugia e falsificazione della verità alla simulazione e alla dissimulazione) – uno dei peccati più gravi. L’inganno, però, è connaturato alla doppiezza di chi lo pratica: per Machiavelli la ‘doppiezza’ è una caratteristica che il ‘principe’ (un po’ volpe, un po’ leone)
deve possedere.
Quel figlio di Pistoia che risponde al nome di Licio Gelli ha impersonato perfettamente il modello della doppiezza: ne è stato un maestro, anzi un ‘gran maestro’.
Limitiamoci al primo periodo della sua esistenza pubblica. Giovanissimo, di ritorno dalla guerra civile in Spagna, dove era andato da volontario nelle file delle ‘camicie nere’, cercò di veicolare il ‘diario’ della sua impresa, scritto e pubblicato in fretta e furia, presso le organizzazioni fasciste, contando sulla benevolenza delle gerarchie del partito nei suoi confronti, in quanto fratello di un caduto in quel conflitto.
Qualche anno dopo, conquistata a sua volta la posizione di dirigente politico e divenuto ‘gerarca’ del Partito fascista repubblicano di Pistoia durante i mesi della Repubblica Sociale Italiana e dell’occupazione tedesca, attuò il ‘doppio gioco’ con il movimento di Resistenza (collaborazione cospicuamente retribuita) e con gli Alleati che lo interrogarono per giorni dopo la liberazione del territorio sotto la ‘linea gotica’: si narra che, subito dopo, forte di un lasciapassare del Comitato di Liberazione Nazionale, una pattuglia partigiana, composta da elementi comunisti, lo avesse accompagnato a Roma e che là, prima di essere trasferito a Civitavecchia per essere imbarcato al sicuro con destinazione la Sardegna, avesse incontrato Palmiro Togliatti.
Nel dopoguerra, tornato a Pistoia, si arrangiò con ogni sistema (anche rubando le attrezzature dal laboratorio provinciale di analisi) per ‘sbarcare il lunario’. Poi, d’improvviso, senza arte né parte, senza titoli di studio, ma solo per i buoni uffici di un deputato democristiano di Montecatini Terme fu assunto alla Permaflex, non come semplice operaio o al più come impiegato (che sarebbe stato già troppo), bensì in qualità di direttore, evidentemente in forza dell’esperienza di ‘comando’ su uomini a lui sottoposti durante l’ultima fase bellica. L’operazione, che portò alla costruzione di un nuovo stabilimento industriale nel ramo dei materassi a molle nel feudo andreottiano di Frosinone, reca la sua firma.
Nel frattempo, con un piede ben piantato nel mondo cattolico, bruciò le tappe all’interno della massoneria: costituì e guidò da ‘venerabile’ una loggia segreta i cui intrighi sono ben noti.
L’ambiguità e la doppiezza hanno dunque sempre caratterizzato il personaggio. Arrestato e tradotto in Italia, per anni ha potuto circolare sotto la protezione di una scorta pagata con i soldi dei contribuenti. Gli è stato dato spazio in televisione nell’ambito di programmi in cui ha esposto la sua versione dei fatti. Ha potuto pubblicare e far pubblicare libri su di sé, edulcorando la propria immagine agli occhi dell’opinione pubblica. Ma il capolavoro è stato quello di garantirsi una memoria imperitura mediante la donazione delle carte personali (è presumibile, debitamente ‘ripulite’ e ‘depurate’) all’Archivio di Stato di Pistoia, che le ha ricevute con tanto di cerimonia ufficiale di consegna, con il patrocinio del Comune di Pistoia (medaglia d’argento alla Resistenza e amministrato senza soluzione di continuità dalle sinistre), per la quale cerimonia si è speso persino un importante funzionario del Ministero dei Beni culturali, moglie di un dirigente di quell’ex partito comunista che il ‘venerabile’ ha sempre combattuto.
All’archivio personale di Licio Gelli, definito da quella stessa autorevole esperta un «monumento dedicato a se stesso», è stata riservata all’interno dei modesti locali dell’Archivio di Stato, aperti al pubblico, un’intera ala composta da più stanze, con tanto di targa e di ritratto pittorico del venerabile e venerato ‘Gran Maestro’. Così la ‘doppiezza’ individuale si è allargata fino a comprendervi anche quella ‘istituzionale’.

Letture consigliate
A. Cecchi, Storia della P2, Editori Riuniti, Roma 1985.
F. Conti, Storia della Massoneria, il Mulino, Bologna 2003.
F. De Rosa, Licio Gelli: la lunga vita, Laterza, Roma-Bari 2003.
G. Galli, La venerabile trama. La vera storia di Licio Gelli e della P2, Lindau, Torino 2007.
L. Gelli, La verità, Demetra, Lugano 1989.
S. Neri, Licio Gelli. Parola di Venerabile, Aliberti, Reggio Emilia 2006.
R. Risaliti, Licio Gelli a carte scoperte, F. Brancato, Firenze 1991.

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