DUE

Il due non è nuovo per «Multiverso». Generalmente, quando ci proponiamo un tema, facciamo ricorso a un nome e almeno al suo antonimo: uguale/diseguale, velo/svelo; o scegliamo un tema paradossale: corpo, crack, flessibilità, colore, accennando alla complessità delle sue sfaccettature, che sono al minimo due, o i suoi multipli. Poi, pratichiamo rigorosamente la libertà ‘multiversitaria’ di affrontarlo nella visuale che ci sembra più utile, funzionale, stimolante per il nostro dialogo con chi legge, l’altro, o uno rispetto al quale noi siamo il due, siamo colui che parla rispetto a colui che ha la bontà di ascoltare. ‘Almeno in due’, potrebbe essere il nostro motto.
La rivista stessa, ormai tutti lo sanno, si prende in mano per due versi… quando essa non si fa in quattro per rendere più sensibile la dispersione causata da ogni ‘crack’ (simbolicamente, beninteso: in questo numero accenno altrove alla fecondità dei simboli che esistono solo partendo dalla loro intrinseca dualità). Le proposte nascono sempre dall’ansia di scovare provocazioni che aprano la mente nostra e di chi ci sta di fronte alla molteplicità; e siccome poi tra di noi pratichiamo questa ginnastica mentale – facendo cozzare l’uno con l’altro i pochi o tanti saperi, discipline, competenze, arti o semplicemente interrogativi, dubbi, perplessità – in questa tornata ci siamo chinati a riflettere sul nobile e ambiguo ossimoro metafisico ch’è il due, la diade: principio della moltiplicazione, pluralità, e simbolo di ogni scissione, dieresi, dispersione.

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