FLESSIBILITÀ

Il cervello umano è un sistema dotato di una grande complessità che può essere intuita considerando alcuni dati numerici. Si pensa che il cervello sia formato da 100 miliardi di neuroni (1011); ogni neurone possiede in media 1.000 (103) sinapsi che lo collegano ad altri neuroni. Moltiplicando il numero dei neuroni per il numero delle sinapsi si ottiene il numero delle connessioni cerebrali, che per ogni individuo sono intorno a centomila miliardi (1014). Ciascuna delle sinapsi può trovarsi in un differente stato funzionale in relazione ai diversi livelli di attivazione o di inibizione elettrochimica. È stato calcolato che ogni sinapsi può avere in media circa dieci possibili stati funzionali. Combinando gli stati funzionali con il numero delle sinapsi otteniamo il numero dei possibili stati cerebrali. Il risultato è un milione di miliardi (1015). Si tratta di un numero impressionante che avvalora la metafora concepita durante il Rinascimento, che ogni uomo abbia dentro di sé un microcosmo che può essere paragonabile per complessità al macrocosmo.

Oltre alla complessità il cervello umano presenta una seconda caratteristica fondamentale, cioè il ‘cambiamento’. Come è noto il cervello si sviluppa secondo un meraviglioso programma durante la vita fetale. Tuttavia alla nascita il sistema nervoso umano non ha completato il suo sviluppo per due diverse ragioni. Da una parte i piccoli degli esseri umani nascono ‘prematuri’. Dovrebbero nascere infatti a 18-20 mesi, ma per facilitare il passaggio della testa nel canale del parto vi è stata una spinta evolutiva alla nascita prematura intorno ai nove mesi. D’altra parte lo sviluppo e il cambiamento del cervello continua per tutta la vita in maniera evidente fino a 20 anni, in maniera più ‘sottile’ fino alla morte.

Gli studi di neurobiologia hanno identificato quattro indici per misurare il cambiamento a livello del sistema nervoso. Questi indici sono: la densità neuronale, lo sviluppo dei dendriti, la sinaptogenesi e la mielinizzazione. La densità neuronale si riferisce al numero di neuroni per millimetro cubo. Essa diminuisce costantemente con l’età fino a raggiungere, nell’adulto, un valore che è tipico per ogni struttura del cervello. Lo sviluppo dei dendriti si riferisce alla selezione di alcuni dendriti e al loro aumento in lunghezza e in complessità (mediante lo sviluppo delle spine dendritiche). La sinaptogenesi si riferisce allo sviluppo delle sinapsi ed è un indice della complessità dei collegamenti fra i neuroni. Sono state identificate cinque fasi distinte della sinaptogenesi. Nelle prime fasi, fino agli 8 anni di età, vi è un rapido sviluppo del numero delle sinapsi; successivamente si assiste a una progressiva eliminazione con ‘potatura’ delle sinapsi. Per mielinizzazione si intende il processo di rivestimento degli assoni con guaine mieliniche. La mielinizzazione degli assoni rappresenta un importante processo di maturazione del cervello perché aumenta l’efficacia della trasmissione delle informazioni. È stato riscontrato che una particolare struttura del cervello raggiunge una mielinizzazione completa in coincidenza con l’acquisizione piena delle funzioni a cui è preposta.

Il cervello alla nascita non è dunque completamente sviluppato ma matura progressivamente durante la crescita e l’apprendimento. Lo studio delle tappe di mielinizzazione è stato uno dei metodi più utilizzati per misurare la maturazione cerebrale. La formazione della mielina nel midollo spinale inizia a metà della vita fetale e continua per tutto il primo anno di vita. I fasci nervosi delle vie motorie, sensoriali tattili, visive e uditive raggiungono invece un elevato grado di maturazione già alla fine del primo anno di vita. Le strutture sottocorticali, come i gangli della base, il talamo e il cervelletto raggiungono un buon grado di maturazione intorno ai 2 anni e la completano prima dei 7 anni d’età. Le aree corticali che completano per prime la mielinizzazione sono le aree sensorimotorie primarie. In seguito – prima degli 8 anni – maturano le aree associative dei lobi occipitale, temporale, parietale e frontale, incluse le classiche aree di rappresentazione del linguaggio (area di Wernicke e di Broca) e le fibre che collegano tali aree (ad esempio il fascicolo arcuato). Infine, molto tempo dopo la pubertà, completano la loro maturazione alcune aree associative terziarie del lobo temporale, del lobo parietale (giro angolare) e della corteccia prefrontale coinvolte nell’integrazione, nella sintesi e nella regolazione del comportamento.

Gli studi pionieristici di neuropsicologia dello scorso secolo hanno evidenziato che lo sviluppo della psiche umana deriva dall’interazione fra la maturazione del cervello e l’ambiente linguistico e culturale in cui un bambino cresce. Ogni essere umano durante il processo della crescita ‘interiorizza’ o meglio ‘incarna’ a livello neuronale le tradizioni culturali e linguistiche sviluppate storicamente dalla cultura all’interno della quale il soggetto completa la sua maturazione fino alla pubertà. Gli studi di neurolinguistica del plurilinguismo hanno evidenziato che l’acquisizione precoce di più lingue in un bambino ‘scolpisce’ – a livello microanatomico – il cervello in maniera differente rispetto all’acquisizione di una lingua soltanto, oppure rispetto all’apprendimento adulto di una seconda lingua.

L’acquisizione precoce di più lingue determina una rappresentazione delle competenze fonologiche (riconoscimento e produzione dei suoni delle lingue) e morfosintattiche (applicazione delle regole grammaticali) in specifici circuiti neuronali che coinvolgono prevalentemente alcune strutture sottocorticali (gangli della base e talamo) e sottotentoriali (cervelletto) con una limitata rappresentazione corticale delle lingue. Questa rappresentazione prevalentemente sottocorticale delle lingue acquisite prima dell’età critica è responsabile delle competenze linguistiche tipiche dei bilingui precoci, ovvero l’uso automatico e naturale delle due lingue, l’assenza di accento straniero e di errori grammaticali nell’espressione verbale.

Come è noto è possibile apprendere le lingue anche da adulti. Esiste quindi una plasticità a livello cerebrale attiva durante tutto il corso della vita. L’apprendimento da adulti sembra dipendere da cambiamenti neurofunzionali delle sinapsi nei circuiti neuronali localizzati a livello della corteccia cerebrale. Esperimenti di neurofisiologia compiuti negli ultimi quindici anni hanno evidenziato notevoli modificazioni della rappresentazione cerebrale di stimoli sensoriali (tattili e uditivi) in seguito a fenomeni di apprendimento. Anche l’apprendimento di lingue in età adulta, specialmente se mediato da strategie consapevoli, è collegato a fenomeni di plasticità corticale. La seconda lingua infatti tende ad essere rappresentata nelle strutture della memoria dichiarativa (aree corticali posteriori dell’emisfero cerebrale specializzato per il linguaggio). Il risultato è che l’apprendimento di una seconda lingua in età adulta determina una espressione lenta e faticosa, con accento straniero e la presenza di numerosi errori morfosintattici.

In senso metaforico possiamo concludere che le lingue acquisite precocemente scolpiscono gli strati più profondi del cervello mentre le lingue apprese in età adulta modificano soltanto le strutture più superficiali e più recenti del cervello.

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