LINK

L’integrazione scolastica degli allievi con disabilità presenta, in Italia, una lunga e solida tradizione, caratterizzata da una legislazione d’avanguardia, ma anche da buone prassi sempre più diffuse in differenti ordini di scuola. Dalle prime esperienze di inclusione all’inizio degli anni ’70 fino alla legge quadro 104/1992, il processo di inserimento degli allievi con disabilità si è rivelato un percorso continuo, sebbene spesso non facile e accidentato.

L’integrazione come ‘link’
Tuttavia, a fronte di questo indubbio patrimonio di qualità, rimane aperta una serie di interrogativi e di sfide educative, che oscillano tra due poli in costante tensione: da un lato, il rischio di esaurire l’intero processo nel semplice inserimento ‘fisico’ dell’allievo con disabilità all’interno dei quotidiani contesti scolastici; dall’altro lato, la necessità di creare efficaci forme di integrazione, tramite le quali il bambino disabile possa sperimentare un’esperienza scolastica e sociale globale e di qualità, non una mera assistenza didattica. L’intero processo d’integrazione, allora, può essere concepito come la creazione di legami: tra l’attività didattica comune e i percorsi individualizzati rivolti al ragazzo, ma anche tra la sua esperienza ludico-affettiva e i giochi spontanei dei compagni. Tuttavia, il link non può limitarsi a un semplice collegamento tra due realtà, a un accostamento immediato tra entità comunque separate. Il link si rivela realmente produttivo quando apre a un approfondimento, quando permette un ampliamento di conoscenza, quando prospetta percorsi inaspettati e imprevedibili. In questo senso, anche il link tra allievi con e senza disabilità non può risolversi nella semplice giustapposizione di esperienze educative e personali slegate, ma deve favorire l’emergenza di nuove possibilità di fare integrazione e, più in generale, di fare scuola, di educare e di apprendere. Da questo punto di vista, la valenza positiva dei links in ambito educativo si raggiunge nel momento in cui si supera la netta contrapposizione e frattura tra un universo ‘con’ e uno ‘senza’ disabilità, a favore di una pluralità di universi con bisogni educativi speciali non in quanto imputabili a un deficit, ma in quanto riportabili a innumerevoli forme e stili di apprendimento e di relazione: tra di essi, la creazione di collegamenti apre a percorsi evolutivi innumerevoli e idiosincratici.

La ricreazione come paradigma dell’integrazione
Le indagini istituzionali sulla qualità dell’integrazione si sono spesso focalizzate su indicatori cosiddetti ‘hard’, ossia quantificabili con relativa oggettività, come ad esempio le ore di sostegno, la disponibilità di software specifici, ecc. Tutto ciò, però, ha portato a sottovalutare dimensioni ‘soft’, di tipo relazionale: i legami che si creano tra gli allievi in quanto espressione dei loro repertori di abilità e delle loro esperienze soggettive.
In tal senso, la qualità dell’integrazione potrebbe essere efficacemente valutata osservando l’allievo con disabilità durante la ricreazione: gioca con i compagni? Parla e ride con loro? Viene favorito il suo inserimento in gruppi amicali spontanei? In poche parole, passeggiando lungo i corridoi o nel cortile della scuola, si evidenziano i links che ci aprono a possibilità di esperienza e di apprendimento informale non previste?

Il ‘link’ per eccellenza: scuola-ricerca
Il campo dell’integrazione e della pedagogia speciale rappresenta forse quello in cui si sono manifestati in modo più evidente anche gli hyper-links, ossia i collegamenti tra il settore della ricerca educativa e quello della sua applicazione nei contesti scolastici quotidiani, ma anche tra prospettive di ricerca (neurobiologica, didattico-educativa, psico-sociale) che spesso in altri ambiti hanno corso in modo parallelo. Questi links, da potenziare e sviluppare, sono stati realmente alla base di un’integrazione e di una scuola di qualità.

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