MISURA

Misura dello spazio, misura del tempo, misura fisica, misura concettuale, misura virtuale, misura tangibile e intangibile, misura misurabile e incommensurabile. Misura come essenza della vita, misura come negazione e come affermazione, e poi ancora altre misure. Misura in ogni cosa, musica, scienza, arte, poesia e misura dei sentimenti. Misura controllata e misura fuori controllo. L’idea di misura è essenzialmente legata all’homo sapiens. Non credo che il mondo animale ne abbia uno. È un concetto intellettuale, implica il desiderio di ordine, di regola, di misurazione come atto razionale teso a strutturare qualsiasi cosa o fenomeno. È la negazione del caos, l’opposto del caso, del gratuito, dell’indefinito. Richiede controllo, intelligenza, visione, sistema.
Misura è la struttura dello spartito musicale, è la gabbia tipografica, è la modulazione alla base dell’architettura da sempre. L’assenza di modulazione è arbitrarietà, che a sua volta non ha misura. Misura come responsabilità, disciplina, ordine, razionalità.
Spazio e tempo sono le prime due misure dell’umanità. ‘Quanto dista?’, ‘Quanto tempo ci vuole per arrivare’?, e subito nasce la necessità di quantificare quella distanza: in piedi, a spanne, in pollici e più tardi con unità stabilite, codificate per poter essere utilizzate da tutti. Oppure misure concettuali legate ad esperienze, a memorie: ‘Quanto tempo fa?’, ‘Ieri, oggi, domani, fra un mese, fra un anno…’, anche loro misure stabilite e codificate per poter essere recuperate, usate.
Misure tangibili e misure intangibili, ambedue necessarie per comunicare, per poterci collocare nello spazio, nel tempo e tra di noi. E poi le misure incommensurabili, come la dimensione dell’Universo, grandezze teoriche al di là dell’immaginabile: anni luce, misure al di là della percezione, ma comunque codificate.
Misura come essenza della vita, per aiutarci a comprendere il passato, a percepire lo scorrere dei tempi, a codificarne la durata. Senza codificazione non potremmo misurare la percezione, non sapremmo mai da quanto, da dove e forse perché. Forse non esisterebbe la musica: la scrittura musicale è codificazione, è misura. Il suono stesso è misurabile, in decibel, perché tutto è misura, lo è anche la sua assenza. Scienza e matematica usano unità di misura, particolarmente definite per loro, ciascuna con valori specifici. Misura nell’arte: come codice, come struttura all’interno della quale operare, oppure la sua negazione, nell’accidentale, nella glorificazione dell’imprevisto, nella casualità, nell’assenza completa di un ordine, nella celebrazione dell’arbitrarietà che non ha confini, completamente incommensurabile ma controllabile. Su quale misura si basa il suo controllo? Sulla sua assenza, paradigma di uno spazio senza confini. Misura come affermazione di responsabilità, verso l’oggetto in questione, la sua origine e il fruitore finale. Misura significa: disciplina, ordine, struttura, razionalità, atemporalità, gli elementi base del modernismo. Essere senza misura significa caos, glorificazione del caso, dell’imprevisto e del gratuito, elementi prediletti del post-modernismo che stabilizzava l’effimero. Misura come definizione metrica dello spazio, paradigma dell’illuminismo, della ricerca di una codificazione al di là di contesti locali o storici, ovvero intesa come espressione sublime del pensiero, strumento logico per un ‘sistema di sistemi’, misura di controllo sullo sviluppo tecnologico ad ogni livello e misura per la nostra sopravvivenza ecologica. Misura come intensità nei sentimenti umani, intangibile ma presente nella definizione dei rapporti tra persone, misurabile nelle sue manifestazioni – odio, amore, affetto, passione, tolleranza, indifferenza, entusiasmo, grettezza, curiosità, avidità, desiderio – e poi ancora, ciascuna con un proprio metro di intensità totalmente incontrollabile, non codificabile.
Misure incommensurabili, al di là di ogni logica, ma profondamente legate al nostro essere. Splendida ambiguità della misura.

multiverso

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