QUASI

Disegnare e dipingere sono sempre stati il mio passatempo preferito, anche ai tempi dei miei studi di scienze naturali e negli anni di insegnamento.

È ancora adesso così, anche se da anni ho lasciato matite e pennelli per la fotocamera. A una condizione: dimenticare i canoni della tradizione fotografica, ignorare gli automatismi nella messa a fuoco e – al momento dello scatto – provocare, anziché evitare, movimenti che diano vita a un soggetto altrimenti freddo e immobile. Più che la macchina, però, vale l’occhio e così il quasi vero fissato nell’immagine è frutto dell’astrazione, più che della copia fedele del vero.

È la maschera veneziana della peste che prende forma e luce nelle pieghe di una bottiglia di plastica schiacciata.

È l’impossibile poliedro d’acqua catturato dai peli di una foglia.

È il volto lanoso che l’acqua tratteggia sui gradini di una scaletta che scende al lago.

È il ritratto di un giovane, con barba e lunghi capelli raccolti, che l’obiettivo recupera dall’escremento lasciato su una staccionata da un uccello in volo.

MARIA PIA MANNUCCI
MARIA PIA MANNUCCI
MARIA PIA MANNUCCI
MARIA PIA MANNUCCI

multiverso

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