SENSO

Parabola dell’elefante
Alcuni indù avevano portato un elefante e lo avevano messo in una stanza buia. Molti entrarono, uno a uno, nel buio per guardarlo. Non potendo vederlo con gli occhi, lo tastarono con la mano. Uno gli mise la mano sulla proboscide e disse: «Questa creatura è come un tubo dell’acqua»; un altro gli toccò l’orecchio e gli parve simile a un ventaglio. Un altro, dopo avergli preso una zampa, esclamò: «L’elefante ha la forma di una colonna». Dopo avergli messo la mano sulla schiena, un altro disse: «In verità questo elefante è come un trono». Insomma, ogni volta che qualcuno sentiva una descrizione dell’elefante la comprendeva a seconda della parte che chi raccontava aveva toccato. Le loro affermazioni variavano in base a quanto avevano percepito: uno lo chiamava ‘A’, l’altro ‘Z’. Se ognuno avesse avuto una luce, le loro descrizioni sarebbero coincise. L’occhio della percezione è tanto limitato quanto il palmo della mano che non poteva abbracciare l’insieme dell’elefante. Una cosa è l’occhio del mare, un’altra la spuma: lascia perdere la spuma e guarda con l’occhio del mare. Giorno e notte le onde producono la schiuma del mare; tu vedi la schiuma, non il mare! Com’è strano! Urtiamo gli uni contro gli altri come barche; i nostri occhi sono accecati, però l’acqua è chiara. Tu che ti sei addormentato nel battello del corpo, hai visto l’acqua: cerca l’Acqua dell’acqua. L’acqua ha un’Acqua che la emette; lo spirito uno Spirito che lo chiama.
Jala¯l al-Dı¯n Ru¯mı¯ (Balkh, 1207-Konya, 1273)

Iddio ha dato all’uomo cinque sensi perché si appropri delle cose esteriori di questo mondo; e a tali sensi esterni corrispondono dei sensi interiori. Questi sensi interni sono particolarmente sviluppati fra gli iniziati. Quando l’‘io’ del mistico impegnato nella Via si purifica delle sue impurità, i sensi diventano interscambiabili. Egli può udire con gli occhi e vedere con le orecchie. Non bisogna dunque biasimare per partito preso coloro che cercano l’estasi nella poesia e nella musica. Vi è un ‘segreto sottile’ in ciascuno dei movimenti e dei suoni di questo mondo. I Sufi [mistici] arrivano a cogliere quello che dicono il vento che soffia, gli alberi che si piegano, l’acqua che scorre, l’erba che cresce, le mosche che volano, le porte che cigolano, il canto degli uccelli, il pizzicare delle corde, il fischio del flauto, il sospiro silenzioso dei malati, il gemito dello sconsolato, e tutto quanto attira la loro attenzione.
Shaykh ‘Alı¯ al-Khawas

Il mio occhio parlava mentre la mia lingua guardava; il mio orecchio conversava e la mia mano ascoltava; e mentre il mio orecchio era un occhio per contemplare tutto ciò ch’era mostrato, il mio occhio era un orecchio che ascoltava un canto.
‘Umar ibn al-Fa¯rid (Il Cairo, 1182 ca.-1235)

Il mondo è uno specchio.
Sappi che il mondo tutt’intero è uno
specchio e in ogni atomo si trovano cento
soli fiammeggianti.
Se tu fendi il cuore di una sola goccia d’acqua,
ne scaturiscono cento puri oceani.
Se tu esamini ciascun grano di polvere,
mille Adami possono esservi scoperti…
In un seme di miglio è nascosto un universo;
tutto è raccolto nel punto del presente…
Da ogni punto di tale cerchio
sono tratte forme a migliaia.
E ciascun punto, nel suo ruotare in
un cerchio, è ora un cerchio, ora una
circonferenza che gira.
Mah·mu¯d Shabestarı¯ (Tabriz, 1250 ca.-1320)

multiverso

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