SENSO

La «voce delle cose» è una metafora che dà il titolo a un piccolo paragrafo del volume La scoperta dell’infanzia di Maria Montessori, nel quale essa sottolinea la centralità dell’ambiente di apprendimento nei percorsi di auto-educazione dei bambini. Con questa metafora Montessori sembra voler suggerire l’importanza che rivestono le percezioni sensoriali negli ambienti di apprendimento – in quanto determinanti nel processo di crescita e (auto)formazione della mente e della personalità. Infatti, osserva la pedagogista, è proprio «l’azione compiuta in accordo con l’invito delle cose che dà al bambino quella gaia soddisfazione, quel risveglio di energia che lo predispongono ai lavori più difficili dello sviluppo intellettuale».

Questa centralità della dimensione sensoriale è stata sottolineata a più riprese da quanti hanno studiato i processi evolutivi ed educativi dei bambini e l’importanza di progettare spazi adeguati per l’infanzia. Ad esempio, nell’ambito di un metaprogetto sulle caratteristiche fisiche e immateriali dell’ambiente per l’infanzia – promosso da Reggio Children e portato avanti in collaborazione fra architetti, designer, pedagogisti e insegnanti – viene sottolineata l’importanza della multisensorialità: il team riunito da Reggio Children richiama, infatti, come «le ricerche neurobiologiche [dimostrino] il grande co-protagonismo dei sensi nella costruzione ed elaborazione della memoria personale e di gruppo», e come sia quindi essenziale progettare un ambiente che tenga conto di questa centralità. Nello stesso tempo il team di Reggio Children suggerisce l’importanza di progettare consapevolmente quella che viene definita una «multisensorialità costruita», caratterizzata da «contaminazione dei media» e «orchestrazione sensoriale».

La multisensorialità, inoltre, diviene occasione di sperimentazione per i bambini con problemi di autoregolazione cognitiva e comportamentale: vedendo, toccando, facendo… il bambino può immagazzinare procedure d’apprendimento che altrimenti faticherebbe ad acquisire solo attraverso il canale verbale-concettuale. Molte evidenze dal campo delle ricerche neuropsicologiche mostrano come il nostro cervello incameri apprendimenti per immagini mentali multisensoriali, che diventano poi veicolo essenziale per l’autoconsapevolezza individuale, soprattutto in epoca prescolare, quando la parziale padronanza del canale verbale non sorregge completamente la percezione di sé, del proprio corpo, delle proprie caratteristiche distintive, del proprio movimento nello spazio ecc. La multisensorialità diviene allora luogo e occasione per costruire immagini di sé e degli altri significative a livello semantico, ma ancor più a livello emozionale. Tutto ciò implica che i tradizionali luoghi formali e informali dell’educazione (la scuola, la famiglia, il parco giochi ecc.) dovrebbero diventare occasione in cui la multisensorialità venga esaltata e incoraggiata e non invece bloccata a favore di processi d’apprendimento centrati esclusivamente su un canale (quello verbale).

Anche le nuove tecnologie e la multimedialità, intese come multisensorialità, possono essere strumenti di straordinaria utilità, capaci di integrarsi e di supportare le tradizionali metodologie didattiche, ad esempio, ai fini dell’inclusione degli alunni con difficoltà. Un esempio classico è la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), un grande schermo tattile (touch screen) della dimensione di una lavagna di ardesia su cui viene proiettato tutto ciò che appare sul monitor del computer del docente. È possibile interagire con i contenuti visualizzati utilizzando una sorta di pennarello o le dita. In questo modo si può cliccare, scrivere, disegnare, cancellare, e inoltre trascinare e manipolare ogni tipo di oggetto digitale (testi, immagini, suoni, filmati) utilizzando tatto, udito e vista. «È un supporto dell’attività del docente e rappresenta uno strumento versatile, adatto a tutti gli ordini di scuola, influisce positivamente sull’attenzione, la motivazione e il coinvolgimento degli studenti e può contribuire a migliorare la comunicazione in classe, stimolando la partecipazione degli studenti attraverso l’uso di una varietà di contenuti multimediali (testi, immagini, video, etc.) nella didattica».

Le ricerche ribadiscono risultati già precedentemente rilevati e, in particolare, evidenziano che la lavagna digitale è descritta da studenti e docenti come uno strumento che influisce positivamente sulla comunicazione e sui processi di apprendimento e di insegnamento, poiché consente una più facile memorizzazione e permette l’organizzazione di attività didattiche con lo studio e il confronto delle metodologie, con momenti di condivisione e confronto anche con il gruppo docente.

I temi di questo articolo trovano un ulteriore approfondimento nel portale www.includere.uniud.it, promosso dal Laboratorio IncluDeRE (Inclusione, Didattica e Ricerca Educativa) del Dipartimento di Scienze umane dell’Università di Udine e finalizzato allo studio delle prospettive pedagogiche e dei modelli didattici e di intervento educativo sui temi della didattica inclusiva, con particolare riferimento ai bisogni educativi speciali, alle disabilità, alla gestione della classe eterogenea, all’utilizzo delle tecnologie didattiche.
Letture consigliate
G. Biondi, LIM. A scuola con la Lavagna Interattiva Multimediale, Giunti, Firenze 2009.
R. Ciambrone, G. Fusacchia, I BES. Come e cosa fare, Giunti, Firenze 2015.
G. Cives, Ambiente e educazione per Maria Montessori, in L’“educazione dilatatrice” di Maria Montessori, Anicia, Roma 2008.
L. Malaguzzi, I cento linguaggi dei bambini. Catalogo della mostra, Reggio Children, Reggio Emilia 1996.
M. Montessori, La scoperta del bambino, Garzanti, Milano 1970 (ed. orig. in inglese 1948).
Reggio Children - Domus Academy Research Center, Bambini, spazi, relazioni. Metaprogetto di ambiente per l’infanzia, Reggio Children, Reggio Emilia 1998.

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