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Il pericolo è sempre in agguato, nessuno è al sicuro. Ogni elemento che possa fornire un qualche vantaggio nella sopravvivenza di un organismo aumenta la sua possibilità di riprodursi. Ciò favorisce l’evoluzione di un certo numero di adattamenti che aiutano gli organismi a trovare cibo e a evitare che loro stessi diventino cibo per altri. Uno di questi adattamenti è il mimetismo, molto diffuso in natura con variegate sfumature.

Trasformarsi a seconda del contesto in cui ci si trova e adattarsi all’ambiente, proprio come Woody Allen nei panni di Leonard Zelig. Per noi resta un sogno da film, ma la natura queste cose le sa fare benissimo.

Gli organismi sono spesso dei campioni a nascondersi, ma per loro non si tratta di un gioco. Riuscire a rendersi invisibili a un predatore può voler dire la salvezza. Riuscire a non farsi vedere dalla preda può significare la cena.

Noi uomini siamo animali principalmente visivi e quello che più ci colpisce di un organismo sono le forme, i colori e anche i comportamenti. Dobbiamo però tenere presente che i comportamenti e la fisiologia degli organismi vanno oltre quello che vediamo. Ricordiamoci poi che questo è il nostro modo di vedere il mondo: alcuni animali riescono a percepire lunghezze d’onda della luce che noi non vediamo, come ad esempio l’ultravioletto, e comunque percepiscono i colori in modo diverso da come facciamo noi con i nostri occhi. Per non parlare poi delle altre componenti della percezione degli stimoli esterni: suoni, odori e altri segnali chimici. Forse non riconosceremmo nemmeno casa nostra se la guardassimo con gli occhi di una formica.

Sono quindi numerosi gli elementi che possono aiutare nell’arte del mascherarsi e a noi spesso può sfuggire come la natura sappia nascondersi in modi diversi e complessi.

Con il termine ‘mimetismo’ intendiamo una situazione in cui, grazie a certe caratteristiche, un organismo imita un modello così da rendersi meno visibile e camuffarsi: l’organismo possiede i colori dell’ambiente o di altri organismi (omocromia), oppure la forma di qualche altro elemento naturale (omomorfia). Il modello può essere sia un altro organismo o anche solo una sua parte, sia un elemento dell’ambiente che lo circonda.

Pensando al mimetismo subito pensiamo a un animale che occulta la propria presenza nell’ambiente circostante grazie a una colorazione definita criptica. Questo aiuta sia per difendere che per offendere: grazie al mimetismo criptico una preda potrà meglio difendersi non essendo visibile, ma anche un predatore potrà sfruttare lo stesso trucco per non farsi vedere e per attaccare in modo inaspettato. L’imitazione va spesso al di là della forma e della colorazione. Imitare i movimenti, gli odori, i comportamenti e altre caratteristiche è fondamentale perché il mascheramento abbia successo.

Gli insetti stecco (Fasmidi), ad esempio, posseggono una particolare morfologia che consente loro di mimetizzarsi alla perfezione sui rami, dei quali imitano la superficie anche nei particolari, come i licheni che li ricoprono. Grazie alla presenza di tre pigmenti nelle parti più esterne dell’esoscheletro, essi sono in grado di effettuare delle modificazioni cromatiche: i pigmenti migrano all’interno delle cellule localizzandosi su diversi livelli e riescono in questo modo a generare tonalità differenti.

La capacità di cambiare colore rapidamente è rara tra i mammiferi, mentre è più diffusa tra insetti, rettili e molluschi. I repentini mutamenti di livrea possono aiutare a confondersi con lo sfondo oppure segnalare ad altri animali variazioni di atteggiamento e umore. Uno dei maestri in questo campo è il polpo, cefalopode che, mutando atteggiamenti e colori, riesce a farsi passare per medusa, serpente di mare, pesce leone o altri pesci, ingannando così i predatori.

Anche se i colori della pelliccia, delle piume o della pelle sono identici a quelli dello sfondo, un animale può comunque rimanere ben visibile se l’ombra del corpo mette in evidenza il suo profilo, oppure se essa si distingue in maniera inequivocabile sul terreno.

Gli animali criptici più soggetti a essere scoperti a causa della loro ombra sono quelli che vivono su terreni piatti e aperti: per questo, quando si sentono minacciati, si acquattano. Un animale può ridurre sensibilmente la propria ombra anche orientando il corpo in modo opportuno rispetto al sole: le farfalle che chiudono le ali sopra il dorso tendono a posarsi nella direzione dei raggi solari, così l’ombra si riduce a una linea sottile. Altri animali, tra cui molti pesci come le razze o lo passere di mare, hanno risolto la questione dell’ombra appiattendosi e sporgendo così di poco dal substrato.

Una colorazione uniforme dà subito l’idea della forma dell’animale, mentre le sfumature di colore rendono più facile annullare il proprio effetto solido e nascondere la propria presenza. C’è chi ha le chiazze e chi le strisce; tutti però, quando sono osservati da una certa distanza, non sono più facilmente distinguibili poiché questo effetto, detto somatolisi, interrompe il profilo dell’animale.

William Henry Bates è il naturalista inglese che per primo nel 1852 descrisse il mimetismo o, come lo chiamò lui, la ‘somiglianza per analogie’. Egli aveva osservato come le farfalle di alcune specie possedessero la colorazione di altre specie caratterizzate da qualche grado di nocività. Le specie tossiche venivano evitate dai predatori, dopo qualche tentativo di caccia e qualche esperienza negativa legata alla loro nocività; quindi, possedere la stessa colorazione di queste farfalle rappresentava un vantaggio perché i predatori evitavano i portatori del disegno associato all’esperienza negativa. Il mimetismo batesiano è perciò un inganno, dove i colori sono detti pseudoaposematici.

Una situazione abbastanza simile a quella appena descritta si sviluppa quando sono presenti diverse specie, tutte caratterizzate da un certo grado di nocività per i predatori, che posseggono colorazioni simili. Parliamo qui di mimetismo mulleriano, in onore del naturalista tedesco Fritz Müller. L’assomigliarsi è un vantaggio per le specie interessate perché i predatori devono imparare ad evitare solo un disegno di avvertimento e non molti tutti diversi. Gli attacchi dei predatori che stanno imparando a conoscere il modello sono condivisi da tutte le specie, e ogni specie subisce meno attacchi singolarmente. Questa forma di mimetismo è basata sulla somiglianza nella livrea di specie diverse, e la colorazione è definita sinaposematica.

Animali che sembrano piante, piante che sembrano animali. Macchie che sembrano occhi, code che sembrano teste. Colori che cambiano con il passare delle stagioni. Cuccioli diversi dagli adulti. Maschi diversi dalle femmine. La casistica mimetica è davvero ampissima: ognuno ha il suo buon motivo per non farsi vedere, ognuno ha il suo modo per riuscirci.

Il mimetismo è un grande esempio di evoluzione per selezione naturale ed è stato celebrato come tale già da Darwin. Esistono tuttavia ancora molte cose da chiarire sui meccanismi biologici che vi stanno dietro. Grazie ai recenti studi di biologia dello sviluppo si inizia a comprendere più chiaramente come avvenga l’evoluzione di forme caratterizzate da colori mimetici. Una volta identificati i geni responsabili dell’espressione degli schemi di colore in questione, si potrà andare a studiare con più precisione il rapporto con il successo riproduttivo degli individui e sarà possibile comprendere la trama di una storia fatta di geni e di colori.

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