S/VELO

Il velo delle donne musulmane, motivo di discussione in alcuni paesi d’Europa, segno di svelamento proprio nella sua copertura, può assurgere a paradigma di una questione sempre aperta, decisiva nella storia delle persone, delle relazioni, delle comunità, dei popoli.

La copertura e lo svelamento cominciano nella profondità del nostro essere e riguardano la nostra identità chiusa, difensiva, aggressiva o aperta, in divenire, dialettica nel ricevere e nel comunicare.

Il silenzio è premessa indispensabile per parole umane, ma le parole stesse, nella loro collocazione storica, nelle modalità culturali ed espressioni contingenti, mai rivelano pienamente la profondità del nostro essere e i vissuti più intimi dell’amore e dell’amicizia, della sofferenza e della morte, della complessità della storia e dell’ulteriorità della trascendenza.

La globalità della persona umana, non scindibile dualisticamente, comunica con la presenza e il linguaggio del corpo che ugualmente rivela e nasconde. L’incontro con l’altro, con il suo volto è rivelativo dell’altro (Emmanuel Lévinas) e di noi stessi a noi stessi, per cui ci conosciamo esistenzialmente, non solo razionalmente, nella ‘relazione-rivelazione’, mai però compiutamente, ancora nel procedere continuo fra svelamento e nascondimento.

Qualche riferimento alla religione ebraico-cristiana ci comunica che anche la questione di Dio, la sua rivelazione, si colloca in questo processo continuo di svelamento/nascondimento, mentre l’essere umano pretenderebbe di configurare Dio in modo definitivo e strumentale.

Dio si manifesta nella relazione, nell’ascolto dei lamenti di un popolo sofferente, nel prendere a cuore questa condizione, nel venire come liberatore (Es 3, 7-8). Mosè chiede al Signore di poterlo vedere e riceve questa risposta: «Tu non potrai vedermi in faccia e restare in vita» (Es 33, 20-23). Il profeta Elia perseguitato e fuggiasco sul Monte Oreb, si copre la faccia con il mantello quando passa Dio (1 Re 19, 13). Il profeta Isaia prefigura un futuro di svelamento: «Sul Monte Sion il Signore dell’universo preparerà per tutte le nazioni del mondo un banchetto imbandito di ricche vivande e di vini pregiati. All’improvviso farà sparire su questa montagna il velo che copriva tutti i popoli. Il Signore eliminerà la morte per sempre» (Is 25, 6-7).

Dio nessuno lo ha mai visto: si incarna nell’umanità di Gesù di Nazaret che ancora rivela e nasconde: uomo e Dio? Uomo o Dio? Uomo/Dio? «Gesù è stato così totalmente umano che non può non essere Dio» (Leonardo Boff, teologo della liberazione). «Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l’ha fatto conoscere» (Gv 1, 18). «Egli era come Dio, ma non conservò gelosamente il suo essere uguale a Dio. Rinunciò a tutto, diventò come un servo, fu uomo fra gli uomini e visse conosciuto come uno di loro. Abbassò se stesso, fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2, 6-8).

Nella trasfigurazione sul monte i tre discepoli percepiscono una profondità che le relazioni quotidiane nascondono (Mc 9, 2-13). Nella morte in croce di Gesù di Nazaret Dio si rivela impotente nel mondo e in questo totalmente solidale con la condizione umana (Dietrich Bonhoeffer). Nell’incontro con le donne e gli uomini suoi amici, vivente oltre la morte si manifesta, ma non è subito riconosciuto, si rivela e poi di nuovo scompare (Lc 23, 13-34).

Gesù si identifica nelle persone bisognose e sofferenti: affamate, assetate, straniere, senza vestiti, ammalate, carcerate; rispondere alle loro necessità significa incontrare il Signore: «In verità, vi dico: tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete fatto a me» (Mt 25, 40). Quindi un continuo nascondimento e svelamento, misterioso e concreto, provocatorio ed esigente. «Tutto l’universo aspetta con grande impazienza il momento in cui Dio mostrerà il vero volto dei suoi figli» (Rm 8, 18). «Miei cari, ora siamo figli di Dio; quel che saremo ancora non si vede. Ma quando Gesù ritornerà saremo simili a Lui, perché lo vedremo come è realmente».

Padre Ernesto Balducci ci ha ricordato che il vero Dio, come il vero uomo sono ancora nascosti; velamento e svelamento sembrano proprio costitutivi del nostro essere e divenire.

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