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In un primo momento, Alice non trovò troppo stravagante che il Coniglio bianco dagli occhi rosa passatole accanto all’improvviso mormorasse: «Ohimè! Ohimè! Farò tardi, troppo tardi! Ma quando lo vide estrarre un orologio dal taschino del panciotto non poté fare a meno di inseguirlo mentre si dileguava sotto una siepe. Pochi istanti dopo, Alice si ritrovò in una sorta di pozzo, così profondo che a un certo punto, cercando di calcolare quante miglia avesse già percorso, stimò che sarebbe presto arrivata al centro della Terra. E poi, che cosa sarebbe successo? Mi domando – si chiese – se non finirò per attraversare la Terra da una parte all’altra! Sarà buffo sbucare fuori fra la gente che va in giro a testa in giù. Agli Antidoti, mi pare… (fu piuttosto contenta che non ci fosse nessuno a sentirla, stavolta, dato che la parola suonava decisamente sbagliata)».
Per i teologi medievali, e già per Aristotele prima di loro, quelle lontane regioni dovevano essere in realtà inabitabili. Tuttavia, se mai ci fosse stata laggiù una popolazione umana, questa, pensavano in molti, avrebbe camminato con la testa in basso e i piedi all’insù. Nell’immaginare questi Antipodi, si sbagliavano più sul piano della geografia, o della fisica, che su quello della biologia. Ragionevolmente, infatti, davano per scontato che gli abitanti dell’altra faccia della Terra fossero fatti come noi e che differissero dagli esseri umani del nostro emisfero solo per una relazione opposta fra alto e basso, rispetto alla superficie terrestre.
In altri casi, poi, la fantasia degli antichi si era spinta assai più in là, fino a immaginare uomini dalle forme più diverse, come i blemmi, ad esempio, che Plinio descriveva come privi di testa e con la bocca aperta sul petto. La struttura del corpo di queste creature si allontanava sensibilmente dall’architettura dei normali esseri umani. Anzi, dall’architettura condivisa da buona parte degli animali, in cui le principali parti del corpo sono distribuite nello spazio e connesse tra loro nella stessa maniera: anche di fronte a una specie mai vista prima, non esitiamo un istante a distinguerne il davanti e il dietro, il tronco e le appendici (a meno che il nostro animale, come i serpenti, non ne sia privo).
In larga misura, le regole di questa sintassi del corpo sono ampiamente rispettate anche dal mito e dall’arte. Molti esseri favolosi, nonostante il loro aspetto bizzarro, non si discostano troppo dalle regole strutturali che vigono in natura. Nei centauri e nelle sirene è largamente rispettato il rapporto spaziale e funzionale tra testa, tronco e arti. Nel centauro una metà del corpo è umana, l’altra metà è equina, ma ciascuna delle due componenti è al suo posto naturale. La sirena è metà donna e metà uccello e in essa mezzo corpo di donna si combina con mezzo corpo di pesce, in entrambi i casi in sufficiente accordo con le leggi di composizione del corpo dei vertebrati.
Queste regole compositive però vengono messe a dura prova quando nuovi elementi strutturali vengono aggiunti anziché introdotti in sostituzione di parti già esistenti. Uccelli e pipistrelli hanno trasformato in ali gli arti anteriori, lasciando solo quelli posteriori nell’originaria forma di zampe adatte alla locomozione terrestre. Ma questo non è il caso dei leoni alati, dei grifoni, degli angeli e di molti draghi. Nella maggior parte delle loro immagini, infatti, le ali sono semplicemente aggiunte a un corpo umano o animale che conserva le sue due paia di arti. Nel dettaglio, tuttavia, la storia è più complessa.
Gli angeli cristiani sono solitamente raffigurati come esseri umani con un paio di ali aggiunte sulle spalle, sopra l’articolazione del braccio, ma questa immagine non è né universale né quella originale. La più antica immagine di angelo che conosciamo del mondo cristiano (Roma, Catacombe di Priscilla, metà del III secolo) non mostra le ali.
Queste compaiono per la prima volta in un angelo del sarcofago del Principe a Sarigüzel, presso Istanbul, forse della fine del IV secolo. Da allora, la grande maggioranza degli angeli cristiani è stata raffigurata con due ali; tuttavia, gli angeli più alti nella gerarchia celeste, come i cherubini e i serafini, a volte portano quattro o anche sei ali. Lo spirito guardiano che proteggeva la porta di Pasargade, la capitale dell’Impero persiano di Ciro il Grande, aveva anch’egli quattro ali. Uno degli aspetti più solidi della sintassi del corpo della maggior parte degli animali è la precisa caratterizzazione della polarità (davanti-dietro) dell’asse principale del corpo. Questa polarità rimane ben riconoscibile anche in un animale bizzarro come l’uomo, che cammina su due sole zampe, esponendo in avanti la faccia ventrale dell’intero tronco, e manca di quella coda che in quasi tutti gli altri mammiferi, e in molti altri animali, si prolunga dalla parte opposta alla testa.
Resta nel mondo del mito, infatti, l’anfisbena, quella sorta di rettile con una testa davanti e un’altra dietro, capace di muoversi in entrambi i versi, che Lucano descriveva nella sua Farsalia e che Dante menziona come uno dei temibili serpenti che abitano il deserto libico.
Questa polarità del corpo è quasi sempre rafforzata dalla concentrazione, sulla testa, di tanti organi, ciascuno dei quali sarebbe sufficiente a farci riconoscere quale estremità del corpo abbiamo davanti. Bastano gli occhi per farci identificare la testa e, quindi, il davanti dell’animale. Eppure, ci sono casi in cui l’animale mescola le carte e dà un segnale ingannevole sull’effettiva sintassi del suo corpo.
La canocchia, per esempio, è sempre pronta a scattare proprio nella direzione opposta rispetto a quella che ci aspettiamo. I due grandi occhi viola bordati di arancione, con cui sembra guardarci fissa, sono semplici macchie di colore dipinte sul di dietro. E fra un istante, quando di scatto si muoverà sul fondo marino sabbioso ricoperto d’alghe, sparirà veloce dalla parte opposta, dove ha gli occhi veri e le antenne e la bocca.
Un paio di occhi finti, dipinti sulla parte posteriore del corpo, li hanno pure alcuni chetodonti, piccoli pesci che vivono tra i coralli nelle scogliere dei mari tropicali. E anche alcune farfalle. Ma queste, per completare l’opera, si sono fatte anche un paio di false antenne: due esili codine che prolungano le ali posteriori. Quando la farfalla se ne sta ad ali chiuse, posata su un fiore, sembra proprio che la sua testa sia là dove invece non è.

multiverso

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