VUOTO

Il filosofo Remo Bodei ricorda come ognuno di noi porti dentro di sé l’inevitabile conflitto tra memoria e oblio: la nostra mente elabora in modo diverso gli eventi che ci danno gioia rispetto a quelli che ci fanno rivivere il dolore. Ciò induce a un comportamento collettivo che guida molte delle nostre scelte. Gli italiani hanno un senso della solidarietà che ne fa una nazione evoluta, con un welfare che rappresenta una delle grandi conquiste sociali che dobbiamo preservare e garantire: questo li ha sempre portati a stringersi attorno alle popolazioni colpite dal terremoto e, sia per donazioni singole che tramite lo Stato, ha drenato grandi finanziamenti per la ricostruzione. Non è così in altre nazioni dove, in caso di terremoto, è il singolo cittadino che deve provvedere alla ricostruzione della propria abitazione, senza aiuti governativi. L’emozione che viviamo in occasione di un sisma, quando per i nostri neuroni specchio ci immedesimiamo in una delle persone rimaste sepolte dal crollo della propria casa, segue una legge simile a quella dei terremoti, definita ‘di Omori’ dal nome del ricercatore giapponese che oltre cento anni fa descrisse come il numero e l’energia delle repliche di una forte scossa decadano rapidamente nel tempo. Sono passati quattro anni dall’inizio della sequenza sismica iniziata il 24 agosto 2016 ad Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, Visso, Norcia ed è evidente che gli italiani cerchino di rimuovere dai propri pensieri il ‘mostro’, così definito da chi ha vissuto il terremoto in prima persona nell’area epicentrale. Eppure, è proprio nei tempi di pace che dovremmo investire in ricerca e lavorare per la prevenzione. 

Gli Appennini si dilatano in modo inarrestabile di circa 4 millimetri l’anno, 40 centimetri al secolo, mentre le Alpi si raccorciano di circa 2-3 millimetri l’anno: nulla può fermare la dinamica terrestre che genera i terremoti. Ogni secolo in Italia si verificano 20-25 terremoti di magnitudo oltre 5.5, soglia oltre la quale il danneggiamento e le possibili vittime sono quasi certe. Ci sono però eventi che, anche se di magnitudo inferiore, sono in grado di produrre vittime e gravi danni, come il terremoto di magnitudo 4.8 a Tuscania del 1971 o quello di Ischia di magnitudo 4 del 2017: dipende dalla loro scarsa profondità e da un edificato inadeguato a resistere alle sollecitazioni sismiche.

I terremoti non avvengono con regolarità, non c’è una scansione temporale che ci permetta di dire che un evento si ripeterà in una data zona ogni dato numero di anni. Anzi, nel catalogo sismico nazionale si vede come ci sono stati periodi in cui gli eventi sismici si sono verificati con maggiore frequenza. Un esempio è quello che va dal 1904 al 1920 in cui, in soli 17 anni si sono verificati 15 terremoti di magnitudo maggiore di 5.5. Tra questi eventi, i più disastrosi terremoti della storia nazionale, con magnitudo compresa tra 6.5 e 7, furono il terremoto del 1905 in Calabria; quello del 1908 di Messina-Reggio Calabria con successivo maremoto che causò oltre 80.000 vittime; quello del 1915 ad Avezzano con 30.000 morti e quello del 1920 in Garfagnana. È purtroppo diventato un mantra che i terremoti non si possono prevedere: è come se cinquant’anni fa la ricerca oncologica si fosse fermata assumendo che i tumori non avrebbero mai potuto essere curati.

I terremoti sono rilascio di energia per gradienti di pressione, elastica o gravitazionale a seconda dell’ambiente tettonico. A oggi non abbiamo ancora compreso qual è il reale motore della tettonica delle placche, il contesto dinamico che genera i terremoti ai margini dei frammenti del guscio terrestre (o litosfera) che si muovono l’uno rispetto all’altro. Non avendo a disposizione l’alfabeto del funzionamento della Terra, è difficile anche capire cosa regola la sismicità che ne è la diretta conseguenza. Anche svelando i segreti dei movimenti del mantello terrestre, i terremoti non potranno essere fermati, ma conoscerne i reali meccanismi, saperne interpretare i diversi segnali geologici, idro-geochimici e fisici, ci potrà probabilmente portare un giorno alla loro previsione. La conoscenza del fenomeno è la base della prevenzione. Certamente l’approfondimento delle fenomenologie associate alla sismicità permetterà di avere i numeri più corretti delle accelerazioni del suolo che determinano il crollo o meno di un edificio, di salvare o meno vite umane, recuperare e rendere resiliente un’abitazione. Lo sviluppo delle tecnologie satellitari, chimiche e di modellazione numerica ci sta portando in campi inesplorati per cui i terremoti potranno essere studiati non solo su base probabilistica, ma anche deterministica. Lo studio dei precursori sismici è una frontiera della scienza da sfidare senza remore, ma la strada è ancora lunga, da percorrere con l’impegno di capire più approfonditamente l’origine dei terremoti, la loro classificazione, il tipo di energia che si accumula nei secoli e poi viene liberata in pochi secondi: è necessaria un’analisi di diversi parametri geologici, geodetici, idro-geochimici e sismologici integrati per arrivare un giorno a percorrere quei test di affidabilità di un metodo previsionale per evitare i ‘falsi positivi’; si deve seguire un percorso simile a quello dei trial clinici prima di poter mettere in atto un sistema di allerta utile ai fini di protezione civile per decidere se e quando allertare la popolazione. Se in futuro arriveremo a predire i terremoti con sufficiente anticipo, riusciremo a salvare delle vite e questo sarà un grande traguardo, raggiungibile però solo se vi sarà una rete di monitoraggio multiparametrica diffusa capillarmente su tutto il territorio nazionale. Tuttavia questo non basta: un terremoto distrugge le nostre case, il tessuto sociale e la nostra economia. Per questo è doppiamente fondamentale investire in conoscenza del fenomeno e prevenzione: conoscenza per poter calcolare le accelerazioni del suolo che realmente possono verificarsi nelle varie zone e la conseguente prevenzione basata su questi numeri, rendendo l’edificato nazionale in grado di resistere ai terremoti che ci attendiamo nelle varie parti d’Italia.

La prevenzione, oltre a salvare vite, rappresenta un investimento economico. La ricostruzione da un terremoto costa, infatti, circa dieci volte di più che fare un adeguamento o un miglioramento antisismico. L’attuale insufficiente prevenzione è dovuta a una serie di motivi: la mancanza di memoria dei terremoti passati, la povertà di mezzi e materiali con cui si è costruito in zone montane e non solo, l’assenza di una cultura dei rischi naturali che porta inevitabilmente alla loro sottovalutazione. Dobbiamo iniziare a educare i cittadini fin dall’asilo a un rapporto più efficace tra uomo e natura e a renderli consapevoli di vivere su una crosta instabile. Il catalogo dei terremoti italiani è probabilmente il migliore del mondo ed è uno strumento utilissimo: dove i terremoti sono avvenuti in passato, lì torneranno anche in futuro. Ma il catalogo copre una finestra temporale troppo piccola rispetto ai tempi della geologia ed è quindi importante sapere che anche in zone dove finora i terremoti non sono noti a memoria d’uomo, su base geologica possiamo prevedere quali ulteriori aree un giorno potranno essere colpite da un evento sismico importante. Da qui l’importanza dello studio della storia sismica e dei dati geologici di ogni area, per individuare le zone a maggiore pericolosità e quindi anche di rischio sismico, una volta valutata l’esposizione e la vulnerabilità del territorio. Sugli edifici, almeno quelli pubblici, in particolare scuole, ospedali, beni culturali, chiese, ecc., dovrebbe essere scritto se sono costruiti con norme antisismiche o meno.

La memoria degli eventi calamitosi naturali è quindi utile a mantenere viva dentro di noi quella necessaria paura che ci spinge ad azioni virtuose di prevenzione. Studiare il funzionamento della Terra ci aiuterà a convivere meglio con la Natura. Sarebbe utile che l’Italia dedicasse un giorno per ricordare il pericolo dei rischi naturali e, in particolare, quello sismico, soprattutto nelle scuole. Il 13 gennaio, che nel calendario del 1915 ci ricorda il terribile terremoto della Marsica di magnitudo 7 con circa 30.000 vittime, potrebbe essere il giorno giusto, la Regione Lazio lo ha già formalizzato: iniziamo così un percorso di alfabetizzazione sismica, dagli asili in poi.

Quindi si propone il motto VALE: Vita, Abitazioni, Libertà, Economia. VALE la pena studiare la Terra, VALE bene fare prevenzione. Dobbiamo in primis salvare la vita dei concittadini, ma poi è necessario passare di livello per tutelare le abitazioni che sono i nostri beni primari, dove custodiamo la nostra cultura e le radici, che vengono azzerate da un evento sismico obbligando spesso, magari anche per un decennio, a vivere da sfollati, e quindi a perdere la propria libertà, determinando una lacerazione profonda del tessuto socio-economico della comunità colpita dal terremoto, con il conseguente impoverimento e spopolamento.

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