FLESSIBILITÀ
Flessibilità! Raccomandazione, modello o nuovo ordine? Suona come una frustata o una fucilata, come le parole tronche italiane derivate dalla finale latina -tas, -tatem: bontà, carità, pietà, santità, nobiltà, maestà... Virtù date come ordini da mettere in pratica, piaccia o no. Questa di cui si occupa il secondo numero di «Multiverso», però, è una caratteristica e una virtù propria della natura, dalle molecole all’uomo, preludio di un’altra peculiarità dei viventi, la plasticità. Flessibilità, come noi la intendiamo, non significa abbozzare, umiliarsi, piegare la schiena o svicolare, ma essere accorti, dinamici, creativi, dialettici si diceva un tempo: dialogare col mondo, dai massimi sistemi ai minimi. Così fanno i sistemi complessi, così fanno le specie decise a sopravvivere, e la materia sempre. La musica che si insinua nei rumori del cosmo dove porta armonia di accordi inaspettati è un esempio della flessibilità necessaria fra l’uomo e il mondo. La flessibilità è coniugazione di vocazioni opposte, e Bach o Mozart non erano più stupidi o meno geni quando copiavano musica che quando scrivevano i loro capolavori. La flessibilità è una forma sublime dell’intelligenza delle cose.