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Giovani rassegnati: un mondo senza futuro? Incontro con Chiara Saraceno
Il rapporto tra genitori e figli ha sempre rappresentato il significativo passaggio dall’età infantile alla vita adulta. In alcuni momenti è stato vissuto come un vero e proprio ‘crack’, in cui il contrasto generazionale mostrava chiaramente quale fosse il ruolo dell’adulto e quale quello del giovane. Oggi sembriamo come di fronte a una mancata frattura di questo rapporto tra generazioni, arrivando quasi a uno spalmarsi di adolescenza che investe, a vari livelli, sia i figli che i genitori. Di questo e d’altro, ‘Multiverso’ ha parlato con la sociologa Chiara Saraceno, incontrata a margine di una conferenza dal titolo ‘Ragazzi fino a quando?’, che si è tenuta a Udine nelle giornate di Vicino Lontano (6 maggio 2012). Nell’intervista, un altro tema affrontato è stato quello della rassegnazione, ossia di come oggi i giovani si pongano nei confronti del mondo adulto, un mondo dal quale stanno ricevendo solo l’idea di un futuro senza possibilità che tende a chiuderli in loro stessi: “tanto non troveremo mai un lavoro, non avremo mai una casa, non avremo una vita nostra”. Come reagiscono a questo le nuove generazioni? Che risposte arrivano dagli ‘indignati’, dai giovani che si inventano un nuovo tipo di ‘occupazione’ per riappropriarsi dei beni comuni e per dare un senso responsabile al loro futuro? A proposito di crack e di rotture, inoltre, per la prima volta, una parola utilizzata per lo più nella ‘letteratura’ femminista e specializzata è entrata nell’uso quotidiano: femminicidio. Oggi, in Italia, la statistica di donne uccise da fidanzati, compagni ed ex mariti ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica un fenomeno sempre più dilagante. Cosa si può fare? Non sono solo fatti di cronaca, e forse non basterebbe neanche una legge specifica contro il femminicidio come auspicato da alcuni, ma ci vorrebbe un vero e proprio cambiamento di paradigma, sociale e culturale. Il problema non è, infatti, di assicurare più o meno sicurezza alle donne o di proteggerle di più, in linea per altro con un pensiero prettamente maschilista, ma di ridiscutere la stessa identità maschile nel suo rapportarsi con l’altro genere. Ci si è chiesti, infine, se di fronte alla violenza sia sufficiente all’indignazione e di come, sempre più spesso, ci troviamo quasi assuefatti a tanta violenza, sia quella inferta alle donne,sia quella della scuola Diaz di Genova, o quella che c’è dietro ai tanti recenti suicidi per motivi economici. Come reagiamo, singolarmente e collettivamente, davanti a una disumanità così drammaticamente presente?
Intervista di Paola Cosolo Marangon