MARGINE

Non va fatta, e non va letta, in funzione di un centro, non va costruita ‘attorno’ al soggetto, non va ‘composta’ in base a costruzioni formali che guidano la visione e creano l’‘immagine’. Guidi ci fa capire che la vita non è nella fotografia, poiché questa è solo un frammento, un indice: la cosa fotografata, anzi, indica che la vita è fuori campo. Il bordo dunque – il margine – è il limite tra la fotografia e la vita. Fotografa tutto e spesso predilige ciò che è minore, caduco, ciò che definiamo ‘marginale’. In realtà per Guidi non esiste differenza tra minore e maggiore, grande e piccolo, bello e brutto. A tutto dà la stessa importanza, praticando una fotografia aperta che riserva lo stesso tipo di attenzione a ogni aspetto del mondo. Per lui non esistono soggetti privilegiati né gerarchie estetiche. «Non una fotografia monumentale e dei monumenti – dice – ma una fotografia della ‘qualsiasità’, come diceva Zavattini, una fotografia prensile sulle cose del presente».
Cose trovate, tracce, possibili percorsi, cose da nulla, superfici quotidiane, materie di cui è fatto il mondo. Per Guidi lo spazio non è un contenitore di cose, ma un’entità in sé, da sentire e capire. Il vuoto non esiste, poiché è esso stesso spazio. Dunque la sua non è una fotografia affermativa, ma interrogativa che indica che il mondo, la vita, procedono comunque, con o senza la fotografia. Per questo egli ama una casa, una finestra, un muro, un palo, un prato, un volto, un’ombra, tutti allo stesso modo, e ama lo spazio qualunque forma esso assuma di volta in volta. E così, mentre il tempo passa, volge lo sguardo in ogni direzione, anche laddove le cose appaiono disadorne, incomplete, non finite, laterali.

multiverso

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